Prevenire e contrastare la violence interpersonale

La violenza domestica è un problema ovunque in Europa, ulteriormente aggravatata dalle recenti misure di lockdown. In Toscana, Italia, diversi servizi lavorano assieme per prevenire e curare la violenza interpersonale per migliorare la salute e il benessere di tutte le persone coinvolte.

Il sistema di prevenzione e contrasto alla violenza in Toscana è centrato sul reti locali antiviolenza, di cui fanno parte – a livello di ambito zonale – i centri antiviolenza, i servizi sociali dei comuni, le articolazioni territoriali delle aziende sanitarie locali, le forze dell’ordine, gli uffici scolastici provinciali, la magistratura, ed altri soggetti del privato sociale. Più di recente, inoltre, le reti si stanno arricchendo di centri per gli autori di violenza, allo scopo di recuperarli e prevenire eventuali recidive. Il concetto di rete sottende un approccio multidisciplinare ed integrato, e di converso determina la necessità di una costante azione di indirizzo, monitoraggio, coordinamento dei diversi soggetti, in modo tale che i percorsi delle donne e dei loro figli e figlie possano essere il più possibile efficaci ed efficienti, in modo da non accrescere il trauma del loro vissuto.

All’interno delle reti locali un posto di assoluto rilievo è occupato dai centri antiviolenza, che in Toscana sono 23; molti di essi gestiscono anche delle case rifugio, ovvero strutture a bassa soglia assistenziale e ad indirizzo segreto, dove le donne ed i loro figli e figlie possono trovare protezione laddove si renda necessario allontanarle dalla loro residenza.

Molti dei centri antiviolenza (CAV) sono nati negli anni Novanta o all’inizio di questo secolo: si tratta di enti del terzo settore il cui scopo precipuo è quello di prevenire e contrastare la violenza maschile sulle donne, attraverso l’empowerment di queste ultime ovvero, nei casi più gravi, attraverso l’accoglienza in strutture dedicate. I centri antiviolenza offrono alle donne ed ai loro figlie e figlie una serie di servizi specializzati: accoglienza, ascolto, supporto psicologico, consulenza legale, supporto ai percorsi di reinserimento lavorativo e sostegno abitativo.

Proprio grazie all’iniziativa ed alla pressione politica esercitata dai centri, la Toscana è stata la prima regione a dotarsi di una normativa in materia di violenza di genere, che la riconosceva come violazione dei diritti umani.

Le risorse destinate al sostegno dell’attività dei CAV e delle case rifugio hanno cominciato ad arrivare in modo continuativo ed in misura decisamente più consistente solo dopo il 2013, quando l’Italia ha recepito nel proprio ordinamento la Convenzione di Istanbul ed ha cominciato a farsi carico di questo problema in modo più concreto ed organico, prevedendo lo stanziamento di fondi per il sostegno del sistema. Ogni anno dunque vengono ripartite tra le Regioni un certo numero di risorse, purtroppo ancora variabili nell’importo, buona parte delle quali è espressamente dedicata al sostegno dei CAV e delle case rifugio1 ; la restante parte viene allocata, perlomeno in Toscana, a livello degli ambiti territoriali, invitandoli ad una programmazione condivisa delle attività in modo da rafforzare le necessarie interrelazioni tra i diversi soggetti delle reti locali antiviolenza. Anche l’erogazione delle risorse, cioè, è stata ed è un mezzo per supportare il continuo sforzo di far diventare strutturali le interrelazioni tra i nodi delle reti locali, ed in particolare tra i CAV ed i servizi sociali e sanitari: all’obbligo di co-progettazione tra pubblico e privato delle azioni da svolgere a livello di ambito territoriale, si è poi affiancata la previsione di una specifica sezione dedicata al tema della violenza di genere all’interno della programmazione sociale, socio-sanitaria e sanitaria delle istituzioni a livello locale.

Lo sforzo di coordinamento tra gli attori delle reti trova la sua rappresentazione di livello regionale attraverso la creazione, avvenuta nel 2016, del Comitato Regionale di Coordinamento per la prevenzione e contrasto alla violenza di genere: un organismo in cui siedono, oltre agli assessori competenti in materia di pari opportunità, welfare, sanità, istruzione, formazione e lavoro, rappresentanti dei CAV, dei Comuni, delle Aziende Sanitarie (ed in particolare della rete regionale del Codice Rosa2), dei centri per uomini maltrattanti, delle forze dell’ordine, dell’ufficio scolastico regionale, delle organizzazioni sindacali.

Oltre al più generale sostegno ai CAV ed alle case rifugio, molte sono le azioni poste in essere sui territori negli ultimi anni ed i risultati conseguiti:

  • formazione congiunta dei componenti le reti locali (in modo da sviluppare linguaggi e prassi comuni e accrescere dunque la collaborazione e l’integrazione tra i nodi della rete)
  • interventi per il sostegno abitativo (contributo affitti per donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, esperienze di cohousing, strutture per la semi-autonomia)
  • interventi di reinserimento lavorativo (in collaborazione con i centri per l’impiego sono stati erogati voucher di conciliazione e finanziati corsi di formazione professionalizzanti, borse lavoro e tirocini)
  • sperimentazione di programmi per il recupero degli uomini maltrattanti (per i quali ancora non sono definiti requisiti a livello nazionale né sono previsti ad oggi fondi specifici)
    Da non dimenticare gli interventi finalizzati alla prevenzione:
  • campagne di sensibilizzazione di livello regionale, finalizzati alla promozione del numero unico nazionale 1522 (cui sono collegati tutti i CAV d’Italia) , che hanno interessato tutti i luoghi pubblici più frequentati (supermercati, treni, bus, farmacie, biblioteche, URP, manifestazioni sportive, trasmissioni radio e tv locali, testate giornalistiche locali
  • formazione e sensibilizzazione degli operatori dei media, per addivenire ad una narrazione dei fatti di violenza che non determini una ulteriore vittimizzazione delle donne e sottenda al contrario l’assolvimento dell’autore
  • lotta agli stereotipi di genere:
    1. nelle scuole, anche grazie alla sinergia con le azioni di un’altra legge regionale, la n. 16 del 2009 sulla “cittadinanza di genere”, seppure fortemente depotenziata dalla riforma istituzionale che ha portato al parziale superamento e al depauperamento delle province, sulla carta tuttora competenti in materia di pari opportunità
    2. nella ricerca, attraverso l’istituzione di premi di laurea per le tesi aventi ad oggetto l’analisi e la decostruzione degli stereotipi di genere
    3. nel linguaggio: si citano ad esempio le linee guida per l’uso di un linguaggio non sessista negli atti e documenti amministrativi della Regione Toscana, dove l’istituzione regionale vuole farsi traino per un cambiamento culturale complessivo

Ogni politica che si rispetti, per essere efficace, deve basarsi sulla conoscenza del fenomeno. L’attività di monitoraggio del sistema, in Toscana, è garantita dall’Osservatorio Sociale regionale, che raccoglie i dati di attività dei CAV, delle case rifugio, degli ospedali, dei consultori, dei centri per maltrattanti, fornendo un quadro conoscitivo del fenomeno che non ha eguali in Italia, almeno sino a questo momento (è in corso l’implementazione di un sistema informativo nazionale).

Nel 2019, EuroHealthNet ha organizzato uno scambio di buone pratiche sugli approcci utilizzati da diversi network Europei per affrontare la violenza interpersonale. Un riepilogo delle pratiche discusse può essere trovato qui.


1L’individuazione dei soggetti che possono essere beneficiari dei contributi pubblici si basa sulla iscrizione degli stessi in appositi elenchi regionali, creati allo scopo di qualificare il sistema. Per essere iscritti a tali elenchi, i CAV e le case rifugio debbono dimostrare di possedere i necessari requisiti di esperienza, di caratterizzarsi per la professionalità degli operatori, di poter garantire determinati servizi all’utenza, e di avere una già consolidata interrelazione con le reti locali.

Daniela Volpi
Manager, Gender Policy at Tuscany Region | + posts

Manager of the Region of Tuscany, responsible for gender policy since 2013. Volpi is also co-coordinator of the interregional technical group on gender violence established within the Conference of Regions and Autonomous Provinces.

Dirigente della Regione Toscana, responsabile dal 2013 del settore politiche di genere. Volpi è altresì co-coordinatrice del gruppo tecnico interregionale sulla violenza di genere istituito in seno alla Conferenza delle Regioni e Province Autonome.

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